Stamane a Malga Zonta, hanno preso la parola nell’ordine: Danilo Andriollo presidente ANPI Vicenza, Mario Cossali, presidente Comitato onoranze caduti Malga Zonta, Teresa Peghin, staffetta partigiana “Wally”, Michael Rech, Sindaco di Folgaria, Carlo Secondin, presidente Consiglio Comunale Schio, Maurizio Fugatti, presidente Provincia Trento, Mauro Guzzonato per la Provincia di Vicenza, Giuseppe Ferranti, Museo Storico del Trentino, due rappresentanti dei familiari di Sant’Anna di Stazzema.
Era presente il Sindaco di Vicenza, Giacomo Possamai con la bandiera del Comune.
Presenti labari delle Associazioni Partigiane e delle associazioni combattentistiche e d’arma, in particolare i marinai (Bruno Viola era marinaio). Presenti oltre 1500 uomini e donne.
A Malga Zonta nella notte del 12 agosto 1944 furono diciotto i partigiani fucilati: Barbieri Marcello, Cocco Antonio, Cortiana Romeo, Dalla Fontana Ferdinando, Dal Medico Angelo, De Vicari Giocondo, Fortuna Bortolo, Gasparoni Gelsomino, Marcante Giuseppe, Marchet Eupremio, Scortegagna Mario, Tessaro Giobatta, Maistrello Angelo, Viola Bruno, Zordan Domenico. Tre i civili, malgari, fucilati con loro: Dal Maso Dino, De Pretto Gildo, Losco Angelo.
Il valore del ricordo di questo tragico avvenimento è legato anche al luogo un tempo crocevia di confini ormai superati, ma purtroppo si inserisce in un contesto generale che vede il ritorno di nazionalismi che credevamo retaggio del passato, accanto ad una nuova corsa agli armamenti senza precedenti.
Gli scenari di guerra si sono moltiplicati in molte regioni del mondo, arrivando in modo prepotente nel cuore dell’Europa. Rispetto al popolo ucraino sconvolto dalla brutale aggressione russa non possiamo non essere al suo fianco fino in fondo, non possiamo limitarci ad una generale e alla fine generica solidarietà. Accogliere i profughi, aiutare chi resta nel paese, comprendere che la resistenza degli aggrediti ucraini è legittima e che dire questo nulla toglie alla necessità di arrivare al più presto al cessate il fuoco e ad una vera trattativa. Rovesciamo i ragionamenti: vicini al popolo ucraino, senza accettare la logica spietata di un riarmo generalizzato.
Sono in ogni caso molti i segnali di resistenza popolare per costruire pace, giustizia, solidarietà ed è proprio a questi segnali che si collega in questi tempi difficili la nostra celebrazione, perché nessuno può negare che chi ha messo in gioco la propria vita allora per resistere al nazifascismo non debba essere ricordato da tutti quelli che oggi vogliono una società più giusta e più aperta, difendendo tutti gli spazi che la nostra Repubblica, in linea con la Costituzione, garantisce e deve continuare a garantire a tutti i cittadini. Non è vero che la storia è maestra di vita: la cronaca internazionale ogni giorno ci riempie gli occhi e la mente di immagini di morte, di intolleranza, di razzismo, di nuove forme di schiavitù, di nuovi conflitti nell’ambito sociale, familiare, di genere. Vere stragi feroci avvengono in alcune regioni martoriate. Eppure al confino antifascista di Ventotene, già nel 1941, nel pieno della seconda guerra mondiale, si era concepita un’Europa attualissima, anche se appare oggi utopia, “un largo stato federale, il quale disponga di una forza armata europea al posto degli eserciti nazionali, che spazzi decisamente le autarchie economiche, spina dorsale dei regimi totalitari, che abbia gli organi e i mezzi sufficienti per fare eseguire nei singoli stati federali le sue deliberazioni, dirette a mantenere un ordine comune”. Da queste montagne il ricordo diventi ‘accoglienza’, ponte per affermare ancora, come nella Dichiarazione universale dei diritti umani, che “il riconoscimento della dignità inerente a tutti i membri della famiglia umana e dei loro diritti, uguali ed inalienabili, costituisce il fondamento della libertà, della giustizia e della pace nel mondo, che il disconoscimento e il disprezzo dei diritti umani hanno portato ad atti di barbarie che offendono la coscienza dell’umanità e che l’avvento di un mondo in cui gli esseri umani godano della libertà di parola e di credo e della libertà dal timore e dal bisogno è stata proclamata come la più alta aspirazione dell’uomo”.
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