Ottavia Penna Buscemi
Eletta in Assemblea Costituente, entra a far parte della “Commissione dei 75” per soli 6 giorni. E’, inoltre, l’unica donna candidata alle elezioni del primo presidente della Repubblica, nel giugno 1946. In aula non interviene né presenta interrogazioni. Sostiene, insieme ad altri, emendamenti sull’istruzione professionale, sull’istituzione delle regioni, con la proposta di affidare direttamente alle popolazioni interessate la scelta della regione di appartenenza, ed emendamenti sull’indipendenza della magistratura.
Ottavia Penna Buscemi
Eletta in Assemblea Costituente, entra a far parte della “Commissione dei 75” per soli 6 giorni. E’, inoltre, l’unica donna candidata alle elezioni del primo presidente della Repubblica, nel giugno 1946. In aula non interviene né presenta interrogazioni. Sostiene, insieme ad altri, emendamenti sull’istruzione professionale, sull’istituzione delle regioni, con la proposta di affidare direttamente alle popolazioni interessate la scelta della regione di appartenenza, ed emendamenti sull’indipendenza della magistratura.
Ottavia Penna nasce a Caltagirone (Catania) il 12 aprile 1907, da una nobile famiglia originaria di Scicli. L’8 marzo 1933 sposa Filippo Buscemi, medico dell’ospedale di Caltagirone. Donna di grande temperamento e di grande umanità, si dedica ai più bisognosi, e fonda a Caltagirone, insieme a padre Quinci, un’associazione di assistenza chiamata «La città del ragazzo».
Viene ostacolata fin dagli esordi della sua carriera politica dalle istituzioni locali, e perfino dal vescovo di Caltagirone per aver scelto di candidarsi con il partito fondato da Guglielmo Giannini, il Fronte dell’Uomo Qualunque. Ma Ottavia Penna, donna coraggiosa e intraprendente, contro la logica del tempo che vede, soprattutto nel Meridione, occupare gli spazi della politica solo dagli uomini, sente forte il dovere di esporsi sulla scena pubblica per rivendicare la parità dei diritti tra il genere maschile e femminile attirandosi in questo modo l’ostilità degli ambienti cittadini civili e religiosi della sua città.
Nel 1946 viene eletta all’Assemblea costituente nella lista del Fronte dell’Uomo Qualunque. Entra a far parte della “Commissione dei 75” per soli 6 giorni.
Non interviene in Assemblea, né presenta interrogazioni, ma, nell’ambito della discussione sul Titolo VI del Progetto di Costituzione, relativo alle garanzie costituzionali, Ottavia Penna chiede la votazione a scrutinio segreto a tutela delle libertà democratiche del Parlamento italiano.
Entra a far parte della “Commissione dei 75” per soli 6 giorni.
Ottavia Penna è, inoltre, l’unica donna candidata alle elezioni del primo presidente della Repubblica, nel giugno 1946, risultando terza, dopo Enrico De Nicola e Cipriano Facchinetti.
In aula non interviene né presenta interrogazioni. Sostiene, insieme ad altri, emendamenti sull’istruzione professionale, sull’istituzione delle regioni, con la proposta di affidare direttamente alle popolazioni interessate la scelta della regione di appartenenza, ed emendamenti sulla indipendenza della magistratura.
Nel 1947 entra in forte contrasto con il fondatore del Fronte dell’Uomo Qualunque, Guglielmo Giannini, il quale, convinto repubblicano, non risparmia offese nei confronti dei monarchici e – lasciato il partito – aderisce all’Unione Nazionale.
La sua vera fede politica è quella monarchica: infatti, anche durante le sedute porta appuntato al petto il nodo sabaudo con corona, ed è restia ad alzarsi in piedi quando la Costituente fa un’ovazione al presidente De Nicola.
Ad una lettera inviatale dal presidente del Consiglio Alcide De Gasperi, il 9 gennaio 1948, in cui le chiede un aiuto economico a favore dei disoccupati, Ottavia Penna promette il suo appoggio suggerendo, allo stesso tempo, proposte molto dettagliate per la distribuzione razionale dei sostegni, contro eventuali speculazioni locali. In questa lettera, ancora, Ottavia Penna sostiene che non sia giusto limitarsi a dare degli aiuti economici, «perché non essendo mai adeguati ai bisogni innumerevoli di chi li riceve, finiscono col sembrare elemosina, e per chi ha veramente voglia di lavorare, ciò è umiliante».
Nel 1953 si candida alle elezioni amministrative a Caltagirone, risultando eletta nelle file del partito monarchico, mentre la sorella Carolina, di fede democristiana, ricopre la carica di sindaca della città.
Ritiratasi dalla scena politica, trascorre gli ultimi anni della sua vita nel più assoluto riserbo, nel palazzo nobiliare della sua città.
Riposa nel cimitero monumentale di Caltagirone.
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