Il 25 Aprile di ogni anno, da settantacinque anni, ci aiuta a ricordare e a raccontare una parte straordinaria della storia italiana, all’interno del più ampio scenario della Resistenza europea, nel contesto di una tremenda guerra mondiale. La festa della Liberazione dal nazifascismo, con i suoi richiami alla democrazia, alla libertà, all’emancipazione può anche essere pensata e vissuta in sintonia con tutto ciò che oggi si discosta da questi importanti valori.
Per me questo particolare 25 Aprile 2020, così diverso da tutti gli altri per la pandemia legata al Coronavirus, vuole essere un richiamo forte alla “resistenza” degli ultimi: di tutti coloro i quali non possono a distanza di tanti anni godere di quei diritti che la nostra Costituzione ben garantisce sul piano dei principi. Un 25 Aprile all’insegna della solidarietà, della fratellanza, della condivisione con i più poveri, i più diseredati, i più emarginati. In questa ottica vorrei fare degli esempi partendo da tutto quello che ci è più vicino, per arrivare ad un richiamo, almeno ideale, a ciò che ci è fisicamente molto lontano.
In molte città italiane ci sono interi condomini occupati dai senza casa e non pochi irriducibili senza tetto vivono con sempre maggiore disagio sulle strade ormai deserte. Le mense cittadine sono in grande difficoltà e alla distribuzione dei sacchetti di viveri si affacciano, oltre a poveri e migranti, sempre più di frequente intere famiglie, disoccupati e precari che avendo perso il lavoro hanno grossi problemi di sopravvivenza. Lo stesso vale per le comunità di Rom e Sinti che non possono più svolgere i lavoretti consueti, chiedere l’elemosina, andare in giro a suonare e vivono segregate in spazzi angusti. Le lavoratrici del sesso sono del tutto prive di ogni sostegno non potendo più svolgere le loro consuete attività: spesso hanno figli da sfamare, affitti e bollette da pagare, quasi sempre uno sfruttatore o una organizzazione da ripagare; molte di loro sono alla disperazione. Anche nella nostra città è presente un carcere con problemi di sovraffollamento e negli ultimi mesi in tutte le carceri italiane, un sistema malato da tempo, il timore crescente del contagio riguarda detenuti e guardie carcerarie senza distinzione.
Del resto, appare sbalorditivo come in queste settimane in Italia, a causa del Covi-19, abbiamo riscoperto che esistono una gran quantità di poveri e un numero considerevole di bambini senza alcuna tutela, anche se in realtà inchieste e rapporti da tempo ne avevano denunciato la drammaticità. Solo in questo frangente ci accorgiamo di una sanità e una scuola resi inadeguati dai tagli sconsiderati degli ultimi due decenni; che intere filiere della nostra economia dipendono da una massa di migranti regolari e irregolari, che spesso lasciamo vivere in condizioni disumane nei tanti campi sparsi su tutto il territorio. Per non parlare del ruolo ormai insostituibile di una gran quantità di lavoratrici, spesso senza tutele, che sono presenti nelle nostre case e convivono con i nostri anziani. Scopriamo con una falsa ingenuità che esiste una “questione meridionale” che si è aggravata con il passare del tempo, che una criminalità organizzata sempre più agguerrita fa affari in tutto il paese sorretta da “zone grigie” sempre più ampie; nonostante tutti gli sforzi la corruzione continua a dilagare e sembra essere diventata un carattere endemico del nostro modo di essere.
Se solo si ha il coraggio di guardare con attenzione alla situazione internazionale il panorama si fa ancora più fosco. L’Europa dilaniata da mai sopiti egoismi nazionali, sembra sfaldarsi sotto il peso di frontiere chiuse anche al proprio interno e una burocrazia incapace di concepire e affrontare i problemi in termini di solidarietà. Le guerre sempre più numerose a tutte le latitudini (non solo in Iraq, Siria, Yemen e Libia) non sembrano fermarsi nemmeno davanti alle richieste dell’Onu di un cessate il fuoco per impedire che, in zone già devastate e indebolite dai conflitti, il Coronavirus possa mietere ancora più vittime.
La persecuzione sistematica di minoranze all’interno di vari stati nazionali continua in Cina come in Birmania, in Tibet come nel Kashmir, in molte aree dell’Africa e dell’America latina. Una massa crescente di migranti preme alle frontiere, sempre più blindate, delle zone più ricche del mondo; la situazione ambientale si aggrava con il passare degli anni: si pensi per fare un solo esempio al problema dell’acqua; molti sistemi sanitari e scolastici sono al collasso non solo nei paesi più poveri di Africa e America latina. Su tutti, compresi i paesi economicamente più ricchi, incombe lo spettro di una nuova crisi economica, perfino peggiore di quella del 2008.
Facciamo memoria di questa mole di problemi: nella nostra tradizione ogni 25 Aprile, di questi 75 anni, abbiamo sempre fatto risuonare nelle piazze il grido di viva la Resistenza, viva la Repubblica, viva la libertà e la democrazia, quest’anno facciamo in modo che risuoni altrettanto forte, nelle piazze virtuali, il grido di dolore degli “ultimi”: viva la giustizia sociale, viva la fratellanza, viva la solidarietà.
Michele Zanna
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