Discorso tenuto da Claudio Floriani a Recoaro in occasione del 25 Aprile 2014
A nome dell’associazione A.N.P.I. di Recoaro, porgo un saluto al Sindaco Giovanni Ceola, al Sindaco dell’Istituto Comprensivo Mirco Prebianca, alle autorità civili e militari, alle associazioni combattenti, ai cittadini presenti e come sempre un grazie agli alpini per la loro costante collaborazione.
Oggi siamo ancora qui, in questa piazza, in questo importante giorno di aprile per fare memoria di un evento che non dobbiamo e non possiamo dimenticare. Per ricordare quanti hanno sacrificato la vita per un ideale di libertà, giustizia ed uguaglianza. E anche a quanti, dopo la liberazione, hanno impegnato parte della loro esistenza alla costruzione di una società migliore e più democratica.
Uno dopo l’altro, ancora timorosi, con poca voglia di raccontare, se ne stanno andando, forse anche un po’ delusi e amareggiati per questa “confusione” politica e questo nostro dimesso impegno civile e democratico.
Qualche mese fa anche Wilma Marci e Albino Cailotto ci ha lasciati ed è rimasto, credo per molti, ma in particolare per noi dell’ANPI, un vuoto di saggezza difficile da colmare. Un pensiero e un incoraggiamento lo dobbiamo anche a chi ancora resiste come Pietro Benetti e Aldo Bicego (gli ultimi due Partigiani) con l’augurio di festeggiare con noi anche i prossimi 25 Aprile.
Questo è un giorno in cui siamo tutti invitati a riflettere, il 25 aprile può sembrare una data lontana nel tempo, ma è più che mai segnata nelle nostre coscienze. Oggi è la festa della Liberazione, della libertà conquistata contro l’occupante nazista e i loro alleati fascisti, ma è anche una festa colma di valori e ideali dove l’impegno e la speranza spiccano come sentimenti prevalenti.
Ma che significato dare oggi alla parola “Resistenza”? Contro i soprusi, le violenze, gli interessi personali, contro il razzismo e ogni forma di prevaricazione? Che termine usare se non resistere e lottare? Non è per per questi principi che hanno combattuto partigiani e antifascisti pagando un prezzo altissimo di morti e sofferenze? E non è per questo che è nata la nostra Carta Costituzione e in essa sono stati recepiti questi valori?
E quante lotte sociali, quanti scontri politici ci sono voluti nel dopo guerra per vedere affermati i suoi principi che oggi, spesso e con troppa disinvoltura, si cerca di sminuirne l’importanza.
La Resistenza fu un evento che coinvolse tutta la nazione. Non furono solo i partigiani a resistere, ci fu anche una resistenza dei militari, degli internati,delle donne, degli operai e quella di tutto un popolo.
E’ importante quindi che il 25 aprile sia inteso come la festa di tutti gli italiani e sia ricordato in ogni piazza e in ogni scuola, che se ne discuta e si parli del suo significato e dei valori che questa data porta con se; che la Carta Costituzionale sia il punto di riferimento per attingere saggezza e ispirazione e non sia inutilmente strattonata a seconda di generiche idee di riforma.
Su questi principi si è ispirata quella ribelle generazione e su questi principi dovremmo essere tutti uniti e convinti: ma non è così, troppi sono gli attacchi contro il movimento partigiano, troppa l’indifferenza di fronte alla tanta violenza di gruppi e movimenti di stampo filo nazista e fascista che stanno imperversando un po’ in tutta Europa.
Rievocare la Resistenza, acquista oggi anche un’ulteriore drammatica attualità. Ci ricorda infatti i tanti focolai di guerra nel mondo, in particolare vicino a noi, nei paesi del Nord Africa, nella vicina Siria e ultima l’Ucraina, con il loro carico di orrore e di morte e con le pesanti ipoteche sul fragile equilibrio internazionale.
E come dimenticare il dramma dei profughi e dei disperati che fuggono da guerre e stermini, verso la vicina Europa in cerca di rifugio e a un po’ di pace.
Come non essere disorientati e confusi difronte a tanta violenza e dolore.
L’articolo 11 della nostra Costituzione ci dice che l’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà di altri popoli. Affermare di essere contro la guerra, contro ogni forma di violenza e di sfruttamento, io credo, sia un sentimento comune ma è anche vero che da soli non possiamo reggere a questo immane grido d’aiuto che si infrange sulle nostre frontiere.
Inutile tacerlo, la via della pace è ancora lunga e tortuosa ma milioni di cittadini italiani ed europei sono disposti a percorrerla al di là delle diverse opinioni, proprio come gli uomini e le donne della Resistenza seppero fare, nelle condizioni più drammatiche. Con lacerazioni profonde e radicali, trovarono il coraggio di lottare e affermare il diritto di un mondo migliore. Loro con le armi della lotta partigiana, noi oggi, con le armi della resistenza civile e democratica.
Ma resistere non significa solo difendere la memoria, i valori e la pace, significa anche conoscere il nostro tempo, saper distinguere e ragionare. E’ pur vero che oggi la classe politica non dà il massimo esempio di impegno e serietà, ma questo, in parte, è anche nostra responsabilità. Non sono i partiti il “male assoluto”, non è la politica responsabile di tutti i problemi, come possiamo immaginare una democrazia senza il confronto e il rispetto delle diverse opinioni?
E’ il discutibile impegno e la poca lungimiranza di tanti politici che ha portato il nostro paese nella situazione in cui è.
Come spiegare altrimenti, i quotidiani scandali e i tanti coinvolti?
Come spiegare altrimenti l’enorme disuguaglianza fra ricchezza e povertà?
Come spiegare gli oltre 150 miliardi tra evasione e corruzione sottratti ogni anno alle risorse dello stato?
Come spiegare i tanti privilegi e la loro strenua difesa contro ogni logica di cambiamento e rinnovamento?
Liberi di pensare come vogliamo, di essere a favore o contro, di questo o quel governo, ma è inutile sperare in crescita e sviluppo se prima non eliminiamo queste ingiustizie sociali.
Resistere appunto, per cambiare questa logica opprimente , lottare, con le armi della democrazia e dell’impegno, per dare una speranza ai tanti giovani e donne in cerca di lavoro, agire perchè dobbiamo far si che questa nostra società sia almeno un po’ migliore di quella consegnataci con tanti sacrifici da quella generazione di uomini e donne che senza indugi e coraggio, scelsero di combattere anche per noi.
Non confondiamo il 25 Aprile come una ricorrenza, non è una festa qualsiasi, è la festa della Liberazione, della dignità, della libertà conquistata.
E’ questo il giorno in cui, pur con aspetti inevitabilmente retorici, dobbiamo sentirci orgogliosi, orgogliosi di quella storia scritta con il sangue e la speranza.
Da quella storia è rinata l’Italia, la sua Costituzione e le sue libertà democratiche e oggi tutti noi abbiamo il dovere di ricordarlo.
Finisco, ma prima vorrei rileggervi una breve frase, riferita alle donne e agli uomini della Resistenza, che ho ritrovato fra gli scritti di Beppe Fenoglio:
“Non sono riusciti a cancellarli la guerra, il freddo, la fame, la morte e il terrore; non permettiamo che lo faccia la memoria“.
Viva la Resistenza, Viva il 25 Aprile.