(tratto dall’articolo di Irene Barichello apparso su Patria Indipendente n. 112)
Martina Corbetti, 28 anni, è presidentessa della sezione Anpi Btg. Amelia di Vicenza. Ci racconta come l’antifascismo si possa trovare in qualsiasi attività e ambito della nostra vita, e di quanto – senza saperlo – possa affascinarci, incontrare e riscoprire il piacere e il bisogno di essere comunità.
Come nasce la sezione “Battaglione Amelia” e chi la fa nascere?
Francesco Zanni e io l’anno scorso siamo entrati in servizio civile per l’Anpi provinciale di Vicenza. Grazie alle varie attività svolte (archiviazione, digitalizzazione, coinvolgimento delle giovani generazioni) abbiamo avuto modo di avvicinarci alla vita della sezione ed esserne interessati da vicino anche “fuori servizio”, ed è in questo contesto che Gigi Poletto (presidente della sezione cittadina di Vicenza) e Danilo Andriollo, il presidente provinciale, ci hanno lanciato l’idea di costituire un polo aggregativo Anpi mirato ai più giovani, che funzionasse in modo autonomo. Questa idea ci è subito piaciuta, così abbiamo sfruttato i rapporti che già avevamo con il centro culturale Porto Burci per aggregare pian piano un gruppo di persone attorno ai temi dell’antifascismo. Da questo ha poi preso vita la sezione Anpi “Battaglione Amelia”.
Che cos’è Porto Burci?
È un centro culturale gestito dall’Arci con cui collaborano anche altre associazioni, come per esempio Legambiente e – appunto da qualche tempo – anche l’Anpi. Si trova a Vicenza in Contra’ dei Burci, nella sede di un ex asilo, e offre numerose attività, come corsi di danza, yoga, incontri, dibattiti, concerti… È davvero un valido polo multifunzionale, centro culturale nevralgico e di riferimento per la vita e l’associazionismo vicentini. Il comune di Vicenza mette questo spazio a disposizione di chi vuole gestirlo attraverso un bando che l’associazione Porto Burci ha vinto anche per il prossimo triennio.
E il sodalizio Porto Burci-Anpi come nasce?
Personalmente conoscevo già Porto Burci per le attività che vi svolge Radio Zappa, con la quale avevo collaborato in passato; inoltre il servizio civile che io e Francesco Zanni abbiamo svolto all’Anpi è stato gestito proprio da Arci Servizio Civile che ha sede in quel centro… Insomma, l’avvicinamento tra Porto Burci e Anpi è stato davvero spontaneo e quasi inevitabile! Inoltre, essere stati volontari di servizio civile ci ha permesso di entrare in contatto con numerose realtà associative e tante altre ragazze e ragazzi che come noi condividevano i nostri valori.
Quali sono le caratteristiche specifiche della sezione “Btg. Amelia”?
Il fatto che esista già in città una sezione Anpi, storicamente riconoscibile, rodata e autorevole, ha permesso di fissare il focus della costituenda sezione sulle nuove generazioni. Infatti la sezione storica assolve in pieno a tutte le funzioni più tradizionali e importanti, come i rapporti con le istituzioni, la cura delle cerimonie e delle commemorazioni, l’organizzazione di convegni strutturati su temi storici e resistenziali. Noi, invece e in maniera complementare, cerchiamo di puntare maggiormente su iniziative e realtà in cui i valori dell’antifascismo e della memoria non sono immediatamente visibili, e cerchiamo di farlo utilizzando i linguaggi nuovi, quelli social come Instagram. L’obiettivo principale e condiviso davvero a fondo da tutte le attiviste e gli attivisti, e in particolare dal direttivo, è quello di vedere l’Anpi sìa come la casa della memoria e della Resistenza, che come la custode della Costituzione. E siccome la Costituzione, in questo Paese, è la base di tutto, l’Anpi vuole essere il luogo in cui si può parlare, discutere e approfondire tutto.
Siete giovani, studiate? lavorate?
Nel nostro direttivo ci sono profili e storie molto diverse: io ho una formazione storica, ma c’è chi studia design, chi si occupa di grafica, chi di comunicazione e chi di letteratura. Siamo insegnanti, studenti, lavoratori… Qui ognuno ha potuto trovare il suo e declinare secondo il suo sentire i concetti di Resistenza e antifascismo. Questo ci consente anche di parlare non solo con moltissime altre associazioni, diverse da noi Anpi e diverse tra loro, ma anche di avere sempre idee e spunti innovativi da realizzare e sviluppare con iniziative, incontri, campagne di comunicazione… Per esempio, il nostro responsabile tesseramento, Fabio Tomasello, da sempre si interessa di mafie sia al Sud sia nel loro radicamento nel territorio veneto: avrebbe perciò voluto trovare il modo di parlare di Resistenza anche parlando di mafia, e questo succederà il 29 agosto, alle 18.00, con l’incontro La palma va a Nord Est a Fornaci Rosse, in collaborazione con Libera Vicenza. Sono anche queste occasioni preziose in cui l’Anpi si fa vedere, dice “ci sono”, non solo attraverso il suo logo e il diretto contributo dei suoi iscritti e attivisti, ma anche attraverso tematiche non immediatamente a essa ricollegabili, che però la rendono visibile e presente anche in contesti e presso un pubblico cui era sconosciuta e che così invece magari si incuriosisce, vuol saperne di più di questa Anpi e spontaneamente le si avvicina. Abbiamo già dei buoni riscontri che ci fanno scommettere positivamente sul futuro e rilanciare sempre.
Ma chi è la sezione “Btg. Amelia”?
La sezione rispetta i requisiti statutari per essersi costituita. Abbiamo raggiunto il numero minimo di iscritti, superato l’anno di prova. E così eccoci: ci sono io, Martina Corbetti, presidente; Pietro Cestonaro, vicepresidente; Ilaria Chemello, tesoriere; Fabio Tomasello, responsabile tesseramento; e nel direttivo sempre presenti e instancabili ci sono Davide Tadiotto, Federico Fusetti, Antonio Gallucci e Vincenzo Sdolfo. La nostra età media è inferiore ai 30 anni! La sezione storica cittadina di Vicenza e il provinciale ci aiutano e supportano dandoci al contempo libertà e fiducia nelle iniziative che vogliamo svolgere.
Avete scelto il nome di una Brigata.
Volevamo intitolare la sezione a una donna, per bilanciare la scarsa rappresentanza che spesso le donne hanno patito nella stessa Resistenza, ma non riuscivano ad accordarci su un unico nome, e così – leggendo e spulciando storie e foto segnaletiche dal libro di Sonia Residori – abbiamo deciso di “scegliere senza scegliere”, ossia senza discriminare tra la staffetta, la combattente in armi e la semplice cuciniera: abbiamo scelto il nome del Battaglione Amelia perché aveva al suo interno molte donne, ma anche uomini, e le aveva soprattutto ai posti di comando, in un diverso ma pur sempre armonico ed efficace equilibrio. È lo spirito che vorremmo avesse anche la nostra sezione.
Quali iniziative avete già svolto in questo primo anno di vita?
La prima iniziativa è stata un workshop in presenza di tre puntate sulla storia d’Italia che si intitolava L’impronta dello stivale: l’obiettivo era fornire un’infarinatura sommaria a chi non sa nemmeno di poter essere interessato ai temi storici in generale e a quelli resistenziali in particolare. È stata una storia d’Italia a tappe, con maggiore attenzione al fascismo e al lavoro. Abbiamo invitato tre docenti universitari che fossero disposti a partecipare in un contesto molto informale e a rispondere alle nostre domande. Puntiamo sul linguaggio, ma anche sui contenuti che però vogliamo siano diversificati: abbiamo parlato di crisi climatica, di condizione femminile con una raccolta fondi a favore delle donne afghane, di diritti civili e di rotte migratorie e accoglienza.
Le prossime importanti iniziative le farete al festival Fornaci Rosse: cos’è e che contributo dà l’Anpi?
Fornaci Rosse nasce per volontà di un gruppo di amici che voleva realizzare un festival a sfondo politico, dove accanto alla musica e al piacere di mangiare in compagnia ci fossero dei dibattiti e degli spazi culturali di approfondimento. I temi sono quelli legati al lavoro, all’attualità, rispecchiano le agende sia nazionali sia territoriali. L’Anpi collabora da anni a questa manifestazione organizzando un momento di dibattito sui temi della Resistenza e dell’antifascismo. Lo scorso anno, ossia quando è nata la sezione Btg. Amelia, ci è stato riproposto questo spazio e ne abbiamo approfittato per invitare Carlo Greppi, col suo libro L’antifascismo non serve più a niente. Quest’anno abbiamo provato a fare un salto ancora più “pop”, per far capire soprattutto che la Resistenza è ovunque e c’entra dappertutto, non è qualcosa che appartiene solo al passato, morta col 1945. E così Andrea Pennacchi che domenica 28 agosto, alle 21.00, sarà alle Fornaci Rosse con Resistenze nel Pojanistan: anche il teatro del suo personaggio Pojana è, appunto, una forma di resistenza, e poi davvero vogliamo dimostrare che la nostra Costituzione è, o dovrebbe essere, presupposto di qualsiasi espressione sociale, lavorativa e artistica in questo Paese. Il programma delle Fornaci Rosse si trova su Instagram e Facebook.
Com’è, Martina, essere antifascisti a Vicenza, oggi?
È difficile, perché quello antifascista non è un sentire comune. Mi sono resa conto che essere antifascisti è una specie di rarità. Questo non significa che il territorio sia per forza di cose polarizzato nel suo opposto, – anche se le cronache locali riportano spesso episodi riconducibili ai disvalori del fascismo – ma che manca quella dimensione di collettività, una sensibilità all’altro e all’apertura che sono base, presupposto dell’atteggiamento e dei valori antifascisti. Ciò che spesso ho notato qui, sia a Vicenza che nella provincia e in generale nel veneto “che lavora”, è che se qualcosa non è “utile” allora non è importante. Ritenersi antifascisti significa alla fine essere per la libertà di espressione, per tutelare i diritti di tutte e tutti. Significa ripudiare la violenza in qualsiasi sua forma ed essere per una società partecipata, paritaria e democratica. Sono i nostri valori fondanti ma purtroppo manca l’educazione alla collettività e al bene comune e se manca questo è facile poi chiudersi nella propria sfera privata, filtrando la propria partecipazione alla vita pubblica in base al proprio ritorno in termine di interessi. Noi ci siamo e continueremo a lavorare per sensibilizzare il territorio e per costruire una società più giusta, inclusiva e aperta. La Costituzione è un testo bellissimo e soprattutto completo. A chi dice che andrebbe cambiato vorrei piuttosto ricordare le parole di Tina Anselmi che dice che la Costituzione va applicata. Ed è quello che cerchiamo di fare tutti i giorni, un’iniziativa alla volta. Il prossimo 2 ottobre, ad esempio, ospiteremo lo street artist veronese Cibo al Porto Burci. Verrà a raccontarci la sua resistenza attraverso la sua attività instancabile di copertura di svastiche, croci celtiche o scritte inneggianti all’odio con disegni di torte, formaggi, ortaggi e frutta. Gli abbiamo chiesto di riqualificare una porzione di cinta muraria in zona San Lorenzo, mutilata dalle croci celtiche: lui ha accettato ma stiamo ancora aspettando (da ormai due mesi!) una risposta dall’amministrazione comunale cittadina per l’autorizzazione. Speriamo arrivi presto e non venga persa l’occasione di dimostrare che Vicenza può essere una città aperta e inclusiva – e, perché no, anche meno grigia.
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