Avremmo voluto festeggiare il compleanno di Valentino Bortoloso, il partigiano “Teppa”, tra amici e compagni, come da lui richiesto. Abbiamo seguito la sua raccomandazione: ricordare i suoi 100 anni (grande traguardo!) senza clamore. Purtroppo non è stato possibile.
Speravamo che la polemica politica di questi giorni si limitasse a schermaglie che garantissero il rispetto di una persona che, lo ricordiamo, ha combattuto valorosamente nella Resistenza; ha pagato il suo debito con la giustizia per l’Eccidio di Schio; ha vissuto da cittadino esemplare, portando avanti coerentemente ciò che ha imparato, studiando, in carcere; ha dato tanto alla società scledense con il suo impegno nelle associazioni e in politica nella sua città; ha tentato fino all’ultimo di consegnare alla storia la pagina dolorosa di cui è stato protagonista. Per questo gli siamo grati e riteniamo che in questo modo egli abbia, tra l’altro, applicato l’art. 27 della Costituzione che recita: “Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”.
Non possiamo però tacere di fronte ai maldestri tentativi in corso per mettere sullo stesso piano partigiani, fascisti e nazisti inquadrandoli nella categoria dei combattenti tutti uguali, in un tentativo di pacificazione che significa in realtà parificazione, in un indistinto nel quale le diverse responsabilità vengono confuse od offuscate. Fino a quando non verrà riconosciuto il valore della Resistenza come origine dell’Italia democratica, repubblicana e antifascista non saranno possibili “pacificazioni”. Il Presidente della Repubblica lo scorso anno affermò che la Resistenza permise di “risollevare l’immagine e recuperare il prestigio del nostro Paese. Fu a nome di questa Italia che Alcide De Gasperi poté presentarsi a testa alta alla Conferenza di pace di Parigi”. C’è chi, ancora oggi, non si riconosce in queste parole. Lo dimostrano le affermazioni lette sulla stampa di questi giorni a Schio, Vicenza e altrove.
Anche i tentativi di concordia civica a Schio avevano come presupposto il riconoscimento “senza riserve o revisioni, dei valori di libertà, giustizia, e solidarietà per i quali la Resistenza locale e nazionale ha combattuto, valori inviolabili che sono a fondamento della nostra Costituzione”.
L’odio nei confronti della Resistenza e dei partigiani che abbiamo letto in questi giorni e alcune volgari dichiarazioni meritano risposta solo perché espresse da persone che ricoprono ruoli nelle istituzioni nate dalla lotta di Liberazione. A parte l’ignoranza storica che denotano, quando sono espresse da eredi del partito (il MSI) che ha avuto alla sua presidenza onoraria un criminale di guerra (Rodolfo Graziani), il partito di chiara ispirazione neofascista che negli anni ’70, durante la “strategia della tensione” non si schierò certamente in difesa della democrazia; quando vengono espresse da persone che non trovano niente da dire sulla presenza fascista e neofascista a Schio, ogni anno, per strumentalizzare un tragico evento storico, ci viene una sola espressione: vergognatevi!
Ribadire questi elementari concetti significa essere portatori di odio? No, assolutamente: significa tentare di ripristinare la verità storica. I primi e le prime ad insegnarci a non odiare sono state le partigiane e i partigiani. Nelle “Lettere dei condannati a morte della Resistenza” o nel più recente “Noi partigiani”, curato da Laura Gnocchi e Gad Lerner mai si trovano espressioni di odio nei confronti di coloro contro cui loro hanno combattuto.
Abbiamo voluto intervenire unicamente per difendere l’onore di Valentino, della sua vita e chiediamo, a chi pensa che il rispetto delle persone sia la condizione fondamentale di civile convivenza, di condannare ogni campagna strumentale.
ANPI provinciale Vicenza
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