Articolo pubblicato su Il Patriota.
Irene Barichello, giovane componente la Presidenza provinciale dell’ANPI di Padova, ha scritto una lettera al sindaco della sua città, Massimo Bitonci, per chiedere di modificare la lapide commemorativa che si trova nella Caserma Pierobon, in località Chiesanuova di Padova, la caserma oggi intitolata a Luigi Pierobon “Dante” (Medaglia d’Oro al V.M.)
Come è noto, “Dante” è stato comandante della brigata partigiana “Stella” che ha operato nella Valle dell’Agno. Arrestato a Padova, ove si era recato per condurre in montagna altri giovani partigiani, venne fucilato in quella caserma il 17 agosto 1944 insieme ad altri 6, mentre altri 3 vennero impiccati in via S.Lucia. Il motivo addotto per queste esecuzioni fu la rappresaglia per l’assassinio del Ten. Col. Bartolomeo Fronteddu dell’esercito repubblichino, avvenuto il giorno prima e attribuito ai partigiani.
Invece, come immediatamente si venne a sapere, il Fronteddu venne assassinato da un gruppo di 7 sicari, come lui fascisti, ricompensati per l’esecuzione con 50.000 lire da un sergente della Wermacht, il Ten. Martin, che si era invaghito dell’amante tedesca del Fronteddu. I responsabili, come risulta da inoppugnabili documenti, vennero identificati prima dell’esecuzione. Malgrado ciò i fascisti, d’accordo con i nazisti, decisero di cogliere l’occasione per seminare il terrore e colpire i patrioti resistenti scegliendo per la rappresaglia l’agghiacciante proporzione di 10 a 1. Procedettero quindi alle impiccagioni dei 3 alle ore 16 e con le fucilazioni dei 7 alle ore 18.
Il 14 settembre 1944, meno di un mese dopo le dieci esecuzioni, presso l’aula della Corte d’Assise, il Tribunale militare regionale di Guerra processò tre degli effettivi esecutori dell’assassinio del Fronteddu e pronunciò la sentenza con la quale li condannava alla pena di morte mediante fucilazione, eseguita il 17 settembre 1944.
La lapide commemorativa ricorda i fucilati dentro la Caserma Pierobon di Chiesanuova; ma non vi compaiono solo i sette nomi degli ivi giustiziati del 17 agosto 1944, ve ne sono incisi anche altri, sempre di caduti per la patria, per mano fascista, fino a poco prima della Liberazione.
Ma, cosa incredibile, nella stessa lapide compaiono anche i nomi dei tre sicari fascisti.
Questi nomi non sono al posto giusto, stonano davvero in una lapide che così finisce per accomunare vittime e carnefici, liberatori e oppressori.
Per questo Irene Barichello, a nome dell’ANPI di Padova (cui anche noi di Vicenza ci associamo) ha chiesto formalmente al Sindaco di provvedere alla rimozione di tali nomi, contribuendo così a riparare la verità e la memoria, poiché “le pietre parlano e sopravvivono agli uomini, è nostra responsabilità di cittadini fare in modo che non siano menzognere“.
Brava Irene, siamo tutti con te!
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