Il 26 gennaio 2013 a Quargnenta si sono svolti i funerali del partigiano Cellerino Filotto “Mato”, da tutti noto come “Cino Struma”. Intorno al figlio, alla nuora e ai nipoti si sono stretti tanti amici e compagni di Quargnenta, di Brogliano e della Valle dell’Agno. Le Sezioni ANPI erano presenti con le loro bandiere e c’era anche la bandiera della Brigata Stella cui appar-teneva, inquadrato nel Battaglione Brill.
“Mato” è stato uno dei primi giovani del gruppo di Armando Pellizzari “Franz” di contrada Morgante, fidato collaboratore di Rigodanzo Alfredo “Catone”. Anche i fratelli Faccin, Danilo “Ferro” e Gaudenzio Costantino “Guerrino”, seguivano “Franz” e “Catone”. Le loro abitazioni erano situate in contrada Grilli, una località appartata, in alta collina, vicina ai boschi. Per questo la contrada era un punto di riferimento sicuro per le pattuglie partigiane in movimento verso Selva di Trissino e il Faldo o verso Piana di Valdagno.
Cellerino amava raccontare delle azioni compiute con alcuni protagonisti della Brigata Stella e faceva i nomi dei comandanti passati dalla sua casa e in contrada, tra i quali lo stesso “Catone”, “Ursus” (Gino Ongaro), “Giro” (Giulio Vencato), “Riccardo” (Bovo Lucato), “Binda” (Oreste Fioraso), “Scalabrin” (Albino Gaspari di Malunga) e altri; erano uomini decisi, impegnati in uno scontro difficile e continuo con i nazifascisti. Ne parlava con stima ed ammirazione. Si animava e la sua voce esprimeva sdegno quando sentiva che la destra nostalgica e fascista in giro per il Paese tentava di riorganizzarsi e di portare avanti delle provocazioni, offendendo la memoria dei caduti per la libertà e la giustizia.
Un episodio tragico l’aveva profondamente colpito: la fine per mano delle “brigate nere” della Valle dell’Agno dell’amico Gaudenzio Costantino “Guerrino”, ucciso in un agguato all’alba del 20 febbraio 1945, e degli altri suoi compagni Danilo “Ferro”, Silvano “Drago”, Antonio “Ortiga” e Bovo “Riccardo” (commissario politico del suo battaglione, il Brill), catturati e per lunghe ore torturati in contrada Grilli e poi assassinati alla Ruara.
Quel mattino “Mato” era sfuggito alla morte rotolando sulla neve; nella rievocazione, gli occhi lucidi e la parola convulsa e commossa rivelavano dolore e rabbia. Aveva continuato la lotta fino alla Liberazione, come sempre lucido e risoluto.
Cellerino era un contadino forte, un lavoratore libero e instancabile della sua terra, coerente con gli ideali della Resistenza e della liberazione dell’uomo dall’ingiustizia, ospitale e sincero. In ogni manifestazione si metteva in disparte e seguiva con attenzione gli interventi e la cerimonia, facendo poi le sue osservazioni. Resterà nel nostro ricordo, il partigiano “Mato”, iscritto all’ANPI fino agli ultimi giorni, per la sua lealtà ed amicizia.
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