Discorso di Valter Fabris, dirigente della sezione di Vicenza dell’ANPI, in occasione del 74° anniversario dell’uccisione di Dino Carta.
DINO CARTA 02/11/1924 – 12/01/1945
Saluti e Ringraziamenti: … ringrazio anche gli autori dei testi che mi hanno facilitato la ricerca, non citati nel mio scritto: Pio Serafin, Mario e Luisa Maria Pavan, don Antonio Frigo, Dino Miotti, Sergio Lavarda, Pierluigi Dossi, Carlo Smuraglia.
1) È il pomeriggio del 12 gennaio 1945, fa freddo e ha nevicato. Dino Carta viene raggiunto dai suoi inseguitori, le guardie fasciste del servizio di spionaggio, messo al muro e condannato a morte. Viene assassinato qui, colpito da due proiettili, uno vicino al cuore e uno al braccio.
Dino Carta ha compiuto 20 anni da poco, è un ragazzo intelligente e atletico. È stato studente del Patronato e poi dell’Istituto ‘Rossi’. Ha giocato anche come secondo portiere nel Vicenza Calcio nel campionato ’43-’44. Figlio di una famiglia di patrioti, vorrebbe raggiungere i suoi amici in montagna, ma gli viene chiesto un sacrificio maggiore dai partigiani della Brigata ‘Argiuna’: arruolarsi nella Polizia Ausiliaria e fare il doppio gioco. Il coraggioso ragazzo accetta e si arruola.
Inizia per lui una vita pericolosissima, piena di ansie e di paure ma utile ai partigiani ai quali procurò molte armi e importanti informazioni sulle iniziative dei nemici.
Sospettato dell’attività che svolge, Dino Carta viene arrestato e condotto a villa Girardi in via fratelli Albanese, detta ”villa Triste”, qui vicino. Interrogato, sappiamo che Dino Carta non tradì i suoi compagni.
Della fuga è testimone Rino Pavan vigile del fuoco e antifascista, che nel diario ora divenuto, grazie ai figli, un libro: ”Un vigile del fuoco nella tempesta” dice di averlo riconosciuto e visto correre lungo via Albanese dopo essere saltato da una finestra di villa Triste, luogo ”[…] dove vengono torturati i patrioti partigiani e i renitenti alla leva imposta dai fascisti” e dirigersi lungo via Calderari dove poi venne raggiunto e ucciso.
Sappiamo anche che la pistola lasciatagli volutamente a portata di mano con la quale fuggì non poteva sparare perché senza percussore.
Racconta la sorella Franca in un’intervista a Roberto Pellizzaro che il corpo di Dino fu ”caricato in un carrettino da trasporto di frutta e verdura e portato in giro per la città: un vile monito per i cittadini di Vicenza, un dileggio inutile […] e feroce.
2) Durante la lotta di Liberazione furono migliaia i caduti in combattimento, le vittime delle rappresaglie e delle stragi, i feriti, i mutilati, i torturati, gli arrestati, i deportati nei lager nazisti.
Straordinario fu l’apporto delle donne: 35.000 combattenti e migliaia di loro furono arrestate e torturate, deportate, fucilate o impiccate, morte in combattimento. Altre decine di migliaia sostennero la Resistenza aiutando le famiglie dei partigiani, dei fucilati, dei carcerati, degli internati in Germania.
Questa diffusa presenza delle donne testimonia che lotta di Liberazione fu popolare e che ci fu una Resistenza non armata che ha coinvolto donne e uomini di ogni età, lavoratori e studenti, in numero anche superiore ai resistenti armati. Tra le molte attività svolte, tutt’altro che passive, il sabotaggio industriale, l’organizzazione degli scioperi nelle fabbriche, la diffusione della stampa clandestina.
3) Il nostro compito oggi per onorare la Resistenza è difendere e applicare la Costituzione che ne è figlia. In ogni sua parte essa afferma principi e indirizzi che sono l’antitesi del regime fascista. È democratica e pone al centro il valore della persona umana, ne tutela i diritti e la dignità. Per questo la Carta individua nel diritto al lavoro lo strumento indispensabile per realizzarla. A questo proposito verifichiamo ancora una diffusa difficoltà dei nostri giovani a trovare un lavoro stabile e ben remunerato, che possa garantire certezze per il futuro, malgrado sia aumentata la loro scolarizzazione e specializzazione. Dobbiamo perciò intensificare l’impegno per eliminare il lavoro precario, sottopagato e senza regole.
Ed è sempre nella nostra Costituzione l’alternativa vera al regime precedente: la democrazia. Ci garantisce la convivenza civile e ci protegge dal pericolo del ritorno al passato.
Tuttavia l’affermazione e diffusione di partiti cosiddetti sovranisti ci deve allertare. Essi rifiutano di partecipare alle istituzioni sovranazionali come l’Europa e propongono una sovranità nazionale che rievoca quel pericoloso nazionalismo che fu una delle cause principali dello scoppio della Grande Guerra e base ideologica del fascismo. La chiusura delle frontiere, la xenofobia, la diffusione quotidiana di odio e di razzismo verso il presunto ”diverso”, la tolleranza anche istituzionale di gruppi neofascisti, ci obbligano ad un impegno attivo, di partecipazione, non solo di denuncia o indignazione.
4) Come non ricordare in questa occasione che anche la maggioranza di questa amministrazione comunale non brilla affatto per chiarezza e fermezza di principi. Lo scorso novembre nei manifesti di adesione alla commemorazione dei X Martiri ha addossato alle sole ”truppe di occupazione” la responsabilità dell’eccidio tacendo sulla corresponsabilità fascista e ha sostituito i ”valori della Resistenza” con i ”valori della Costituzione” per non riconoscere il ruolo da protagonista della Resistenza nella lotta di Liberazione dal nazifascismo.
Vediamo con preoccupazione le sempre più diffuse operazioni di revisionismo storico e la tolleranza nei confronti dei gruppi neofascisti, semplificazioni che appiattiscono e banalizzano le responsabilità storiche e politiche del regime fascista, falsano la Storia e offendono la nostra Memoria.
Così come offendono le esibizioni dell’ineffabile assessore Cicero dal balcone del Palazzo del Municipio che festeggia il suo ”ventennio” da consigliere comunale, in camicia nera, fiocchetto tricolore e braccio destro alzato. Ma, dice lui, non abbastanza alto da essere il saluto romano. Inaccettabile che non gli venga tolto l’incarico di assessore, ma riceva solo il rimprovero del Sindaco, malgrado questa sia stata soltanto l’ultima manifestazione di condivisione del ventennio fascista e le sue esternazioni palesemente incompatibili con le responsabilità istituzionali.
Ancor più pericolosa la ritorsione della stessa maggioranza di destra nei confronti del Centro Sociale ‘Bocciodromo’, minacciato di essere sfrattato dai locali che occupa in affitto dal Comune per aver manifestato il suo dissenso nei confronti di Cicero e della Giunta. La minaccia di sfratto con successivo controllo degli uffici comunali nei locali in uso, rispondono ad un metodo estraneo ai principi democratici che conferma la tendenza autoritaria dell’esecutivo, peraltro già dimostrata nelle risposte a complessi problemi sociali con slogan elettorali e azioni inefficaci come togliere panchine dai parchi, abbattere muretti nei vialetti dello spaccio o vietare la seduta di persone nei gradini dei palazzi storici.
Del resto di azioni muscolari e di propaganda populista ci ha dato esempio la classe politica nazionale. Leggi della nostra Repubblica, probabilmente incostituzionali, e ministri sprezzanti respingono migliaia di migranti in mare, negano loro gli aiuti delle nostre navi, chiudono i porti a quelle di soccorso delle ONG o trattengono i migranti in Turchia e Libia dove sappiamo vengono detenuti in lager.
Non bastasse, il Decreto Sicurezza fortemente voluto da Salvini e approvato dal Parlamento, cancella la protezione umanitaria e scarica sui sindaci la gestione di migliaia di stranieri trasformati in irregolari o clandestini. Sono prevedibili le conseguenze se già prima di questo decreto peggiorativo abbiamo assistito all’abbandono in mare, per 19 giorni, dei 49 migranti rimpallati tra Italia, Malta e gli altri paesi europei o della nave Diciotti dove le 177 persone recuperate in mare sono state ostaggio delle trattative tra governo italiano e UE. Anche di questo dovremo rendere conto ai nostri figli e alla storia.
Non da meno da sottolineare nel resto del Paese la pochezza umana e culturale di taluni sindaci che cercano cavilli burocratici per escludere gli stranieri dai bonus sociali al motto di ”prima gli italiani”, e lasciano bambini stranieri senza pranzo a scuola.
5) Dalla vittoria del fronte antifascista europeo sono nati la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, l’ONU, le Costituzioni democratiche più avanzate, come quella italiana, e l’Europa della Pace. In questi anni però la crescita di sentimenti xenofobi, razzisti e nazionalisti sta minando la tenuta dell’Unione Europea. Malgrado il parziale e in qualche caso deludente esito delle politiche comunitarie troppo spesso incentrate sulle regole monetarie, il nostro impegno deve essere speso verso l’Europa federale e dei popoli. È auspicabile che nel prossimo futuro, grazie anche alle imminenti elezioni europee, ci sia un impegno maggiore di tutte le forze politiche democratiche per cambiare rotta, restituire all’Unione le finalità originarie con adeguate riforme strutturali e con leggi che favoriscano la coesione.
Dobbiamo essere consapevoli che l’antitesi dell’Europa è quella rappresentata dai paesi nazionalisti del ”gruppo di Visegràd” guidato dall’ungherese Orbàn, il presidente che ha militarizzato il confine con la Serbia e costruito una doppia fila di reti metalliche sormontate da filo spinato, per respingere migliaia di migranti provenienti dalla rotta balcanica. Analoghi segnali di odiosi respingimenti sono quelli che avvengono al confine del Brennero e di Ventimiglia. Di questa Europa dobbiamo vergognarci.
6) Ritengo, in conclusione che il modo migliore di onorare oggi la memoria di Dino Carta è combattere l’indifferenza e promuovere la partecipazione, pretendere il diritto al lavoro e la giustizia sociale, i diritti civili individuali e collettivi, l’accoglienza e la tolleranza e come sempre la Libertà, la Giustizia e la Pace.
12 gennaio 2019, Valter Fabris
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