Martedì 24 febbraio 2009, al Circolo Operaio di Magrè, abbiamo salutato per l’ultima volta il comandante partigiano Guerrino Barbieri “Marat”, deceduto alla soglia ormai dei 90 anni. La sua bara, vegliata dal picchetto d’onore della Sezione ANPI di Magrè e circondata da tante bandiere delle Sezioni ANPI e delle valorose Formazioni partigiane Garemi (“Martiri Val Leogra”, “Stella”, “Pasubiana”, “Mameli”, “Ismene”, “Barbieri”), ha ricevuto la visita di centinaia di amici e di compagni della Resistenza, che hanno seguito con attenzione e commozione gli interventi di Mario Faggion, del sindaco di Schio Luigi Dalla Via, del prof. Bortolino Segalla e di Guido Bortoloso.
A “Marat” è stato reso l’omaggio che meritava, per il ruolo svolto nella Resistenza e nella società.
Guerrino, operaio tessitore, della classe 1919, tornato dalla guerra a Magrè dopo le vicende dell’otto settembre 1943 con il grado di sergente maggiore, insieme al fratello Pietro “Battaglia” e agli altri suoi fratelli (Giovanni ”Giustiziere”, Gino “Danton”, Vasco ”Fanfulla”, Alberto “Spartaco”, Rosa staffetta partigiana, mentre Tarcisio è deportato in Germania: 6 partigiani, 1 staffetta, 1 deportato) sulle colline del suo paese, che salgono in Raga, verso il Mucchione, lo Zovo, il Civillina e Montemagrè, diventa artefice della Resistenza. La casa di Pietro, in Raga Alta, già nell’autunno 1943 è una base sicura per i giovani che arrivano da Magrè, inviati da Domenico Baron e dagli altri dirigenti politici della Resistenza scledense, da Pievebelvicino, da S. Vito di Leguzzano, da Malo. Mentre sulla direttrice Schio-Poleo-S.Caterina si formano il Gruppo del Festaro e quello del Masetto e ben presto si muovono i partigiani di “Marte”, “Turco”, “Brescia”, ”Bixio” e più in su gli uomini della pattuglia di Valli del Pasubio con “Binda” e “Ciccio”, sulla direttrice Magrè-Raga-Civillina e sui monti circostanti del Faedo e del Mucchione agiscono il Gruppo del “Tar” e di “Ismene”, la pattuglia di ”Temporale”, gli uomini di “Luis” e del “Negro” e i partigiani di “Battaglia-Papà” Pietro Barbieri, di “Marat”e dei loro fratelli.
Raga Alta è il punto d’incontro pure dei capi della Resistenza vicentina e veneta e dei comandanti del Gruppo di Malga Campetto di Recoaro “Pino” e “Dante”. In un’intervista, riportata nei “Quaderni della Resistenza” di Schio, Guerrino sottolinea l’importanza fondamentale della popolazione delle nostre colline per l’affermarsi della Resistenza. La popolazione offriva sostegno materiale e morale, nascondigli, informazioni, cibo, asilo e amicizia. Il suo appoggio non è mai venuto meno, nonostante i rastrellamenti, le rappresaglie, i lutti, gli incendi, le requisizioni. La lotta, infatti, è per la liberazione dal nazifascismo ma anche per una vita migliore, più giusta per gli strati popolari. In tutto l’Alto Vicentino la Resistenza cresce rigogliosa nella primavera e nell’estate del 1944. Il 17 maggio è formata la Brigata Garemi, che diventa Gruppo Brigate Garemi l’otto agosto: la “Stella” e “La Pasubiana” (che poi diviene “Martiri Val Leogra” e “Zona Trentina-Pasubiana”), e più tardi l’”Avesani”, la “Pino”, la “Mameli” e le altre. Nelle colline di Raga Alta in estate nasce il Battaglione “Civillina”, diretto da “Guido”, “Ivan”,”Marat” e “Battaglia”. In autunno, dopo la morte eroica di Pietro Barbieri, cui viene assegnata la medaglia d’argento al V.M. alla memoria, il battaglione viene elevato al rango di Brigata Barbieri (della Divisione Martiri Val Leogra). ”Marat” è sempre alla testa della Formazione partigiana, con il commissario “Ivan” e il comandante “Guido”. Innumerevoli sono gli episodi e le azioni militari che lo vedono protagonista. Sulle colline di Marola di Chiuppano, dove il 26 agosto 1944 cadono “Lupo” e “Pascià”, “Marat” si distingue in una coraggiosa azione di protezione del suo distaccamento, che può sganciarsi da un insidioso e massiccio rastrellamento nazifascista. Per il suo comportamento guadagna la medaglia di bronzo al V.M.
Tornato alla base, supera i duri rastrellamenti dell’inverno, le puntate micidiali delle brigate nere e degli ucraini di stanza a Marano Vicentino, il rigido e lungo inverno 1944–45.
Il mese di aprile 1945 vede al contrattacco tutte le brigate della divisione garibaldina “Martiri Val Leogra”: l’Apolloni, la Barbieri, l’Ismene, la Ramina Bedin, la Fratelli Bandiera. Nei giorni della liberazione di Schio esprime le sue grandi doti di comandante partigiano, scegliendo con “Giulio”, “Braccio”, “Guido”, “Ivan” e altri il momento preciso dell’attacco ai tedeschi, fissato per mezzogiorno del 29 aprile al suono delle sirene. Scendendo dai monti con “Colombo” della missione inglese, alla testa dei suoi uomini, combatte strada per strada, casa per casa verso la città. Volendo i tedeschi parlamentare per l’aspra battaglia che li impegnava in tutte le direzioni, “Marat” con “Ercole” è il primo partigiano ad entrare nel Municipio di Schio. Fervono le trattative. Alle ore 15,30 la bandiera della Brigata Barbieri (quella che oggi ricopre la sua bara durante la cerimonia) viene issata al balcone del Municipio. Alle ore 16,50 viene firmato l’armistizio tra il Comando Garemi di “Alberto” e il Comando tedesco del Col. Schramm. Le campane suonano a distesa. Schio è finalmente libera.
Guerrino, dopo la liberazione, ritorna in fabbrica. I lavoratori lo eleggono subito commissario interno. Comandante nella Resistenza, dirigente operaio nel suo stabilimento, egli si impegna per i diritti dei lavoratori e per gli ideali di riscatto sociale che lo ispirano. Coinvolto nel processo per l’occupazione delle fabbriche dopo l’attentato a Palmiro Togliatti del 14 luglio 1948, viene processato e subisce il licenziamento. Riassunto dopo un periodo di qualche mese, durante il quale affronta con dignità e fierezza serie difficoltà, riprende il lavoro e l’impegno sindacale a vantaggio dei suoi compagni.
Per tutta la sua lunga esistenza è rimasto coerente e fedele agli ideali della Resistenza e della giustizia sociale.
Presente a tutte le manifestazioni partigiane, egli era l’animatore degli incontri commemorativi a Raga Alta e sulle Bregonze di Marola. Un po’ burbero, osservatore attento e prudente, pronto al confronto dialettico, si apriva con l’interlocutore dopo un esame accurato. Allora parlava e raccontava, specialmente se ad interpellarlo e ad ascoltarlo erano dei giovani.
“Marat” lascia un grande vuoto. Egli è un protagonista che ha costruito, insieme a migliaia di uomini e donne come lui, la società democratica. Tutti i presenti, nell’onorarlo, hanno assunto l’impegno di renderla più giusta, più libera, come era nella sua forte volontà e come indica e garantisce la nostra Costituzione.
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