Tratto da “Figure della Resistenza vicentina: profili e testimonianze” di Mario Faggion e Gianni Ghirardini
“Il primo dicembre 1943 sono stato costretto, insieme a Pasetto Avellino, a presentarmi alla sede della G.N.R. (Guardia Nazionale Repubblicana) di Valdagno, verso le ore 19. La sede si trovava al centro, sopra la vecchia Banca Popolare. Avevano portato via mia sorella e un fratello di Avellino. Li hanno rilasciati dopo che ci siamo presentati. Siamo stati indotti a salire su una corriera e condotti a Vicenza, al distretto militare. Eravamo una quarantina.
Il mattino del 2 dicembre ci hanno fatto una visita sommaria. Il mattino dopo, saliti su un treno a Vicenza, siamo stati condotti alla caserma “De Dominicis” a Treviso. Ci hanno sistemati sotto una “barchessa” e ci hanno consegnato dei capi di vestiario di fortuna (un pastrano, un paio di scarpe con le fasce, indumenti logori… probabilmente dei reduci dalla Russia). Non sapevamo a quale corpo ci avevano aggregati. Dovevano sottoporci a un corso di istruzione per spedirci poi in Germania a combattere sul Fronte orientale.
L’incertezza e il malcontento erano grandi. Alla vigilia di Natale siamo andati in libera uscita. In cinque abbiamo preso subito il filobus e siamo fuggiti a Mestre. Scesi al binario dello scalo-merci, abbiamo scorto un treno in movimento. Siamo allora saltati sul treno merci e, prima di Vicenza, mentre il treno rallentava, siamo scesi.
C’era il coprifuoco. Usciti dalla stazione delle ferrovie, ci siamo recati alla stazione delle Tramvie Vicentine. Con il favore di un capotreno, abbiamo potuto prendere la corsa per Recoaro. Eravamo io, un giovane di Alte, un Caliari di S.Quirico detto “Mori”, Bruno Lorenzi e Brumani Dario di Valdagno.
Prima della stazione di Valdagno, all’altezza dell’Oratorio, abbiamo spiccato un salto e ci siamo diretti a casa. lo abitavo al Villaggio Margherita. Con il pretesto di essere in licenza, mi sono fatto vedere in giro fino all’ultimo giorno dell‘anno. Poi ho preso contatto con Pietro Cervo, che abitava sotto casa mia (era del 1918-20). Mi ha detto che era stato informato da mio padre. Mi ha pure raccontato che a Marana c’era un gruppo numeroso di militari, con armi pesanti. Allora il primo gennaio 1944 sono salito a Marana con Bruno Lorenzi. Non abbiamo trovato nessuno, così alla sera abbiamo fatto ritorno alla contrada Lorenzi. Poi sono sceso a riferire a mio padre e a Cervo che non c’era nessuno. Mio padre, operaio alla Marzotto, aveva un compagno di lavoro che abitava in contrada Lorenzi, un certo Trevisan Bruno. Lo ha pregato di chiedere se c’era un posto per me in contrada, dove il mio amico Bruno si era fermato presso i nonni. La famiglia Faccin mi ha accettato di buon grado. Cercavo di essere utile come potevo.
Sono rimasto lì fino alla fine di febbraio 1944, poi, avvicinandosi l’8 marzo, data di scadenza dell’ultima proroga concessa, sono tornato a casa e ho preparato un po‘ di roba. Alla sera del 7 marzo sono ritornato in contrada, da Bruno Lorenzi.
La mattina dell’8 marzo 1944 io e Bruno ci siamo recati a Marana. Su consiglio di Pietro Cervo, dovevamo presentarci al parroco che, a suo dire, era al corrente di tutto e poteva metterci in contatto con i partigiani. Mentre andavamo decisi verso il paese, in contrada Tomba abbiamo incontrato una pattuglia di 5 uomini armati. Erano Oliviero Severino “Fulmine”, Apolloni Silvio “Leo”, Bruno Ziesa “Terremoto” di Creazzo, Carlassare Zeffirino (1924, di Monteviale) e Dino Pezzo “Leone”. ll gruppo, con un buon carico d’armi, era partito da Monteviale per raggiungere i partigiani di Malga Campetto”.
Testimonianza raccolta a Valle di Castelgomberto il 4 marzo 1987
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