Menegatti Olimpia (1902 – 1983)

Olimpia Menegatti

OLIMPIA MENEGATTI

Olimpia MenegattiOlimpia Menegatti nacque a Vicenza il 20 febbraio 1901 “nel mezzo di sei fratelli” in una famiglia in cui sentimenti religiosi e politici erano già fede e bandiera. Visse la maggior parte della sua vita in Contrà dei Roda.

Nel 1922 sposò Antonio Piancastelli (prematuramente scomparso nel 1933), da cui ebbe una figlia, Ines (che diventerà maestra e morirà di malattia a 24 anni nel 1946).

Assunta al Cotorossi a 17 anni (nel 1918), nel 1919 entrò nella Commissione Interna ed esercitò subito con tempra di leader un forte ascendente sulle operaie.

Sfuggì alle persecuzioni fasciste nel 1921 e all’olio di ricino somministrato ai membri della Commissione interna scappando sui tetti. Nel 1929 alla testa di trecento donne del Cotorossi guidò il primo sciopero vicentino dell’era fascista

Quando la patria chiese l’oro delle fedi matrimoniali, Olimpia organizzò la consegna di finte fedi – le “vere matte” – solo bagnate d’oro.

Iniziò a collaborare con la Resistenza in città fin dell’8 settembre ’43, collaborando con Antonio Morbin per fornire false carte d’identità e le carte annonarie da falsificare mentre il fratello di Olimpia – Nicola – dall’ufficio collocamento fornisce i permessi TOD per circolare anche con il coprifuoco.

“Casa Menegatti” è la “casa del popolo” clandestina: punto di riferimento importantissimo e imprescindibile per il PCI e per l’intera Resistenza vicentina, “luogo di riunione, assistenza e di recapito delle staffette”.

In seguito ad una delazione venne arrestata il 20 dicembre 1944 dal ten. Salmi dell’U.P.I. della GNR e fu atrocemente torturata con scariche elettriche dalla Banda Carità in via Fratelli Albanese per 10 ore.

Sonia Residori in “Quaderni Istrevi 1/2006” riporta questa testimonianza di  “mamma” Olimpia:

«Non mi si dette neppure il tempo di parlare che mi si applicarono ai pollici delle mani i fili della macchina a 230 w e continuarono a torturarmi per più di un’ora, senza poter dire nulla, sia perché non sapevo niente di quello che mi chiedevano sia perché le scosse erano così forti che impedivano di parlare. Vista l’inutilità di ciò, mi fecero spogliare, mi applicarono i fili sulla scapola destra, senza tener conto né della mia età, né del disturbo al cuore che avevo accusato. Poiché io non potevo certo dire delle cose che non sapevo, mi tagliarono i capelli e mi sputarono in faccia continuando a insultarmi e a dirmi parolaccie. Infine mi legarono i fili delle scosse agli alluci, e facendomi stare ritta in piedi mi facevano le scosse, in modo che io continuavo a cadere e a battere il capo in terra. Come chiusura dell’interrogatorio mi diedero un fortissimo ceffone in viso. Trasportata a S. Michele vi giunsi stremata e quasi svenuta, tanto che al corpo di guardia mi misero su di una branda dove rimasi due ore, fino a che ebbi la forza di fare le scale».

Olimpia Menegatti Foglio matricolare

Resistette alle torture senza fare i nomi di alcuno. Ne esce con la “schedina rosa” dei forni crematori in lista per la deportazione.

Si salva il 25 aprile 1945 quando fu la prima ad essere liberata dal carcere di San Biagio.

Fu insignita del titolo di Cavaliere della Repubblica per meriti partigiani.

Il suo foglio matricolare dichiara la sua qualità di Partigiano combattente ferito, appartenente alla Brigata Argiuna.

“Schietta e popolare figura della Resistenza vicentina”, è stata una partigiana determinata, coerente, assertiva, operativa, coraggiosa. La violenza da lei subita può essere considerata nucleo costituente di uno Stato alternativo alla dittatura fascista e fondativo della democrazia repubblicana.

Bibliografia:

  1. E’ morta ‘Mamma Olimpia, una eroina della Resistenza”, Il Giornale di Vicenza del 23 giugno
    1983
  2. “Donne violente e donne lacerate. L’identità femminile durante il secondo conflitto mondiale” di Sonia Residori, Quaderni ISTREVI n° 1/2006
  3. “Il pesciolino rosso. I comunisti a Vicenza (1942-1990)” di Giuseppe Pupillo, Vicenza, Ergon 2001
  4. “Contributo per una storia della resistenza nella provincia di Vicenza” di Giordano Campagnolo, Luigi Cerchio, Antonio Emilio Lievore, Vicenza, 1976.