Rita Montagnana
Rita Montagnana non interviene in Assemblea; presenta una interrogazione sulla ammissione delle mogli dei militari dispersi nei ruoli magistrali senza concorso. Convinta della necessità di creare le condizioni di crescita e di affermazione per il movimento popolare e operaio, è favorevole all’avvio della nazionalizzazione delle banche e alla riforma agraria. Si reca personalmente in diversi stabilimenti piemontesi, dove si adopera per la creazione di sale materne e di asili nido.
Rita Montagnana
Rita Montagnana non interviene in Assemblea; presenta una interrogazione sulla ammissione delle mogli dei militari dispersi nei ruoli magistrali senza concorso. Convinta della necessità di creare le condizioni di crescita e di affermazione per il movimento popolare e operaio, è favorevole all’avvio della nazionalizzazione delle banche e alla riforma agraria. Si reca personalmente in diversi stabilimenti piemontesi, dove si adopera per la creazione di sale materne e di asili nido.
Appena quattordicenne comincia a lavorare in una fabbrica come apprendista sarta, partecipando fin dall’inizio alle lotte del proletariato torinese.
Durante le agitazioni contro il caroviveri del 1917, Rita Montagnana, che nel frattempo aveva lasciato il lavoro in sartoria per impiegarsi prima presso la Banca Commerciale italiana, quindi nell’Alleanza cooperativa torinese, si distingue nel lavoro organizzativo e di propaganda.
Nel 1917 diventa dirigente del comitato femminile regionale e componente della commissione elettorale della sezione socialista torinese.
In questo periodo conosce Umberto Terracini e Antonio Gramsci.
Nel 1921, in seguito alla sua adesione al Partito comunista, viene inviata a Mosca come delegata del partito al III Congresso dell’Internazionale comunista.
Contemporaneamente, partecipa alla prima conferenza internazionale femminile comunista.
Al rientro in Italia viene chiamata a Roma per lavorare presso la direzione del PCd’I e per dirigere il quindicinale delle donne comuniste «Compagna», che continuerà a dirigere anche dopo il trasferimento della redazione a Torino, insieme a Camilla Ravera e Rina Picolato.
Nel 1924 si sposa con Palmiro Togliatti e dal 1926 è in esilio tra Francia, Svizzera e Unione Sovietica – sarà anche in Spagna nel 1937 – tornando definitivamente in Italia solo nel 1944.
Si impegna nella costruzione di un’organizzazione femminile unitaria: nel settembre del 1944 è tra le fondatrici dell’UDI (Unione Donne Italiane), divenendone poi una dirigente nazionale.
È attivissima nella campagna per raggiungere il suffragio femminile e, dopo che questo è stato ottenuto, si spende per sensibilizzare le italiane all’esercizio del loro diritto.
Dirigente nazionale del PCI, viene eletta all’Assemblea Costituente.
Rita Montagnana non interviene in Assemblea; presenta una interrogazione sulla ammissione delle mogli dei militari dispersi nei ruoli magistrali senza concorso. Convinta della necessità di creare le condizioni di crescita e di affermazione per il movimento popolare e operaio, è favorevole all’avvio della nazionalizzazione delle banche e alla riforma agraria. Si reca personalmente in diversi stabilimenti piemontesi, dove si adopera per la creazione di sale materne e di asili nido.
In difesa delle condizioni dei lavoratori, dedica numerosi articoli comparsi su «l’Unità», «Lo Stato Operaio», «L’Ordine Nuovo», «Il Lavoro» e «Noi Donne».
Viene poi eletta al Senato nella I legislatura.
La fine del suo matrimonio con Togliatti, segna il progressivo allontanamento di Montagnana dalla scena politica, nonostante l’impegno profuso e la determinazione dimostrata.
Emarginata progressivamente dal partito, si ritira a vivere a Torino, con il figlio gravemente malato avuto da Togliatti, di cui il padre si disinteressò completamente.
Viene sepolta nel cimitero Parco di Torino
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