L’Anpi Nazionale ha già espresso nei documenti e nel dibattito congressuale un giudizio negativo sul progetto di autonomia differenziata regionale, segnalando il rischio di rottura dell’unità nazionale e di allargamento delle diseguaglianze sociali e territoriali. Torniamo ora sull’argomento perché la ministra Gelmini ha annunciato la presentazione, entro luglio, di un ddl di cui circola una bozza che riteniamo inaccettabile per motivi di metodo e di merito.
Motivi di metodo perché assegna alla negoziazione tra Stato e Regione interessata la definizione delle materie e delle risorse conseguenti da attribuire alla potestà regionale, senza coinvolgere il Parlamento che vota a maggioranza assoluta solo la legge di puro recepimento dell’intesa. E’ vero che questa procedura è menzionata nell’art. 116 della Costituzione, ma è inconcepibile sottrarre alla discussione parlamentare e all’opinione pubblica una materia che può cambiare la vita concreta di cittadine e cittadini, per di più nel drammatico momento che sta attraversando il Paese, per il grande aumento delle diseguaglianze sociali, in particolare fra il Nord e il Sud del Paese, come riconosciuto dal recente rapporto del Governatore della Banca d’Italia, e che aumenterà ulteriormente a causa dell’alto tasso d’inflazione.
Nel merito inoltre il ddl fa salve le preintese già avvenute nel 2018 con la Lombardia, il Veneto e l’Emilia Romagna che intervengono su Scuola e Formazione, Sanità, Tutela del lavoro, Ambiente, Beni culturali, Politica internazionale ed europea a valenza regionale. Per quanto riguarda la Sanità, l’esperienza della pandemia ci ha già mostrato come l’autonomia regionale in tema di salute abbia prodotto una forte disparità di trattamento e di diritti tra i cittadini e le cittadine di diverse zone geografiche. Lo stesso può avvenire per la Scuola e la formazione che costruiscono la base culturale e civile della convivenza e della identità nazionale. Per quanto riguarda le risorse il ddl fa riferimento alla spesa storica e non al fabbisogno della popolazione, penalizzando così le regioni più povere e più carenti di servizi. Il riferimento ai LEP (livelli essenziali di prestazioni), la cui definizione dovrebbe consentire di superare il criterio della spesa storica, non risolve il problema, sia per la difficoltà di specificarli, sia perché essenziale non significa eguale.
Riteniamo dunque che il ddl non solo non rispetti l’art. 2 (doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale) e l’art.3 (uguaglianza dei cittadini) della Costituzione ma mortifichi anche l’art.5, travisando il disegno di autonomia delle istituzioni locali che dovrebbe essere funzionale alla partecipazione dei cittadini alla vita politica e amministrativa.
Alla luce di queste considerazioni la Segreteria Nazionale dell’Anpi chiede che il percorso legislativo del ddl sull’autonomia differenziata si svolga nella sede propria del Parlamento e venga accompagnato da un’ampia riflessione sulle ragioni del fallimento del federalismo così come disegnato nell’attuale Titolo V, che porti a un radicale ripensamento sul tema; chiede inoltre l’apertura di un ampio dibattito pubblico sull’argomento e l’avvio di una valutazione sul perché si sia sviluppato un regionalismo che invece di contribuire al decentramento dei poteri ha prodotto un neocentralismo regionale a scapito dei Comuni.
Decide inoltre di aprire un confronto con tutte quelle realtà politiche e sociali che si stanno mobilitando contro l’autonomia differenziata.
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