A nome della sezione Anpi “Battaglione Romeo” di Recoaro porto il saluto a tutte le autorità, le associazioni, gli studenti e i cittadini presenti.
Il 25 aprile è una data importante per l’Italia, non solo perché rappresenta la vittoria di un popolo, anzi di una parte di popolo, contro l’invasore nazista e l’oppressione fascista, ma anche perché segna la fine, almeno per il nostro Paese, della più grande catastrofe umana della contemporaneità, la seconda guerra mondiale, e l’inizio di un sogno di un’intera generazione, quello di un mondo senza guerra.
Da quel giorno sono passati 77 anni, una guerra fredda e una miriade di conflitti sparsi qua e là nel mondo, ma l’essere umano sembra non aver ancora imparato la grande lezione che impartisce a tutti noi la Storia: che la guerra è bella solo quando si fa per gioco tra bambini.
Oggi non voglio tediarvi con analisi e discorsi sulla questione ucraina, credo ci pensino già abbastanza esperti ed opinionisti nelle radio, nelle televisioni e nei giornali.
Quello che vi chiedo oggi è un breve momento di riflessione:
- abbiamo vissuto e stiamo vivendo una delle più grandi migrazioni della storia proveniente da paesi poveri e in guerra;
- siamo ancora dentro a una pandemia per cui eravamo totalmente impreparati e la cui fine verrà raggiunta solo grazie alla cooperazione internazionale;
- siamo entrati in una guerra che gli esperti, rimasti inascoltati dagli stati per i troppi interessi in ballo, annunciavano dal 2014 e che ora sembra non avere una soluzione pacifica di breve termine;
- siamo in una crisi climatica che nei prossimi trent’anni avrà effetti disastrosi per l’umanità intera a meno che non si inverta velocemente la tendenza, nonostante da altrettanti anni la quasi totalità del mondo scientifico ci stia avvertendo degli effetti disastrosi del nostro stile di vita.
Tutti questi macro eventi che stiamo vivendo sono sostanzialmente trascurati o mal gestiti da delle realtà nazionali che, volendo agire singolarmente e non di concerto con i propri vicini, hanno imboccato la strada del proprio fallimento.
Gli anni che seguiranno saranno cruciali per il futuro di questo paese e di questo continente.
Le scelte che prenderemo saranno cruciali.
L’inconsistenza, per non dire l’inesistenza, dimostrata dall’Unione Europea nel gestire la crisi ucraina ha dimostrato ancora una volta un fatto incontrovertibile: un’Europa ibrida come questa, fatta di piccoli stati che troppo spesso si muovono per conto proprio ha grandissimi limiti e non può affrontare problematiche di carattere globale, dalle grandi migrazioni dall’Africa alla crisi climatica, passando per la gestione del contesto bellico in Ucraina.
In un mondo sempre più complesso e in cui i fenomeni assumono una dimensione di scala sempre maggiore, riprendere il processo d’integrazione europea che per troppo tempo abbiamo accantonato, è essenziale per una nostra esistenza libera.
Davanti a problemi di dimensione globale e a un mondo in cui a dominare sono le potenze continentali, se non vogliamo essere schiacciati dagli eventi o diventare un protettorato alle dipendenze di qualcun altro dobbiamo unirci.
Oggi più che mai gli interessi degli italiani corrispondono a quelli dei francesi, degli spagnoli, dei portoghesi, dei tedeschi e di tutti i popoli europei che si riconoscono nella libertà, nella democrazia, nell’uguaglianza, nello Stato di diritto, nella promozione della pace e nella giustizia sociale; oggi più che mai la nostra indipendenza dalle potenze straniere dipende dalla presenza di un’unione europea forte, con un sistema di difesa, una politica estera, una politica energetica comuni e con istituzioni dotate di sovranità e legittimate dal voto popolare.
Questo progetto sarà sempre osteggiato e accusato di ledere le identità nazionali, ma ormai abbiamo la consapevolezza che non è la lingua o il sangue a fare un popolo.
L’Italia, subito dopo la sua unità, era abitata da persone che non si capivano da regione a regione, mentre da sempre questa penisola è stata crocevia di popoli che si sono incontrati e mescolati.
Eppure eccoci qui.
La lingua la si impara nelle scuole e il sangue non è altro che sangue. L’elemento fondante di un popolo è il senso di appartenenza che nasce dalla storia e dai principi comuni.
E se la storia è comune almeno dall’impero romano, i valori sono gli stessi dal trionfo dell’illuminismo con la Rivoluzione francese.
Dopo decenni di immobilismo, in pochissimo tempo, una miriade di eventi hanno trasformato questo nuovo decennio in una fase epocale della storia europea, una di quelle a cui saranno dedicati capitoli scritti da storici e studiati dagli alunni di domani.
Quello che decideremo in questi anni, con il potere e la responsabilità che i sistemi democratici ci conferiscono tramite il diritto di scelta, varrà il giudizio che i nostri figli e nipoti avranno di noi.
Allora vi lascio con questa domanda: come vogliamo essere ricordati?
Come la generazione che ha condannato il futuro o come quella che ha sostenuto il rinnovamento?
Come le donne e gli uomini che hanno condotto questo paese e questo continente al crepuscolo o alla loro rinascita?
Viva l’Italia
Viva l’Europa Unita
Ora e sempre Resistenza
Michele Garbin, Anpi “Btg. Romeo” di Recoaro
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