Teresa Peghin: Conclusione

CONCLUSIONE

Le vicende qui riportate sono state raccontate da Teresina Peghin «Wally» non senza un certo travaglio, dovuto soprattutto al dolore mai sopito che esse inevitabilmente hanno riacutizzavano nella sua memoria.

Ugualmente ha voluto narrare quegli avvenimenti, precisando più volte che non lo faceva assolutamente per mettersi in mostra, ma per far conoscere soprattutto ai giovani quali sono i frutti che inevitabilmente maturano quando si affermano forze che negano la libertà di pensiero e di azione, che disprezzano la dignità della persona, che esaltano la potenza e la prepotenza, che coltivano la cultura del sospetto e che esaltano gli egoismi e i personalismi.

Il suo racconto quindi diventa un fatto importante e prezioso, non solo per l’originale e personale contributo che porta alla scrittura della storia della Resistenza, così come si è sviluppata nell’Alto Vicentino e in particolare nella Valle dell’Agno, ma anche perché ne esalta gli aspetti meno epici, più comuni, pieni di salde convinzioni, di grandi sentimenti, di tenere dolcezze e di profonde sofferenze.

È una fonte da cui si può facilmente cogliere una grande lezione di vita, che insegna a sacrificare ogni tornaconto personale al bene comune, a non esitare a mettersi in gioco per porre termine alle ingiustizie, per ottenere pace e libertà, per costruire un futuro migliore. Per giusti ideali bisogna essere pronti a rinunciare alle proprie sicurezze, a rischiare ogni cosa, persino la vita stessa, quando fosse necessario.

La parola “martire” ha proprio questo significato etimologico: testimoniare le proprie convinzioni ad ogni costo. E in tal senso il sacrificio della famiglia Peghin può essere tranquillamente definito con questo termine, un vero e proprio martirio.

Per tutto questo noi non possiamo non manifestare nei confronti di Teresina grande rispetto, profonda ammirazione, perenne gratitudine e anche, permettete, affetto quasi filiale.

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