PICCOLA STORIA A MIO GUSTO DEL NOSTRO 25 APRILE

In questa primavera, flagellata da una terribile pandemia planetaria, riuscirebbe davvero difficile anche a chi, come me, non possieda una pagina Facebook, non accogliere la proposta fatta dall’ANPI di Vicenza per ricordare il 25 aprile in modo alternativo (e creativo), cioè senza bisogno di scendere come ogni anno in piazza bensì utilizzando diversi tramiti di riflessione su vicende locali e nazionali che lo hanno connotato, come “festa”, nel corso del tempo.E’ una proposta che riecheggia, in forzosa concomitanza col dilagare dopo i primi di marzo del 2020 dell’epidemia di corona virus, quella anche più esplicita presente in altri inviti –

TITTA

Titta si aggirava in quel piccolo pezzo di terra davanti alla casa. Aveva tagliato l’erba da poco e se lo guardava fiero, camminando avanti e indietro. Restava là ritto in piedi con lo Sten in mano, col caricatore inserito sulla sinistra della canna. L’arma l’aveva tenuta dopo la guerra, anche se tutti noi gli avevamo detto di consegnarla alle autorità. Non c’era stato verso.Ora quel vecchio testardo, che si reggeva ancora bene sulle gambe, era attento a qualsiasi rumore che provenisse dal bosco. A volte capitava che finché eravamo tutti ospiti da lui, si alzasse d’improvviso, prendesse dalla cassapanca il

RESISTENZA E COSTITUZIONE

Il Professor Daniele Butturini dell’Università di Verona ci ha inviato questo testo sul legame tra Resistenza e Costituzione: Colgo l’occasione per svolgere alcune brevi considerazioni sul 25 aprile e sul rapporto tra il significato etico-storico di quest’ultimo e il momento contingente che stiamo vivendo in un isolamento caratterizzato da paura ed angoscia.Resistenza, antifascismo e liberazione sono il fondamento dell’ordinamento costituzionale repubblicano per un motivo: si sono tradotti sul piano storico, politico e giuridico nei principi, nei diritti e nei valori che connotano il contenuto essenziale della Costituzione consistente in ciò che non è mai violabile della nostra Costituzione.Tuttavia, vi è

L’Italia che resiste, negli spot e nella Memoria

Nell’aprile del 2020, 75 anni dopo la Liberazione, in tutte le case dalla Valle d’Aosta al canale di Sicilia risuonano, più volte al dì, queste parole: “A chi è spaesato, ma si sente ancora un Paese. All’Italia che, ancora una volta, resiste”.In attesa di scoprire in quale modo la pandemia avrà ispirato poeti, musicisti e scrittori, forzatamente chiusi nelle loro stanze dalla quarantena del coronavirus, questo è il messaggio che raggiunge decine di milioni di italiani. Il mezzo, reso ancora più potente dal lockdown nazionale iniziato in marzo, è uno spot televisivo, lanciato da una delle più importanti, e storicamente

La Resistenza etica delle donne

La mia riflessione sulla “Resistenza delle donne” in occasione del 25 Aprile 2020 prende spunto da un libro di Valeria Babini, uscito di recente per le edizioni La Tartaruga di Milano, intitolato Parole armate. Le grandi scrittrici del Novecento italiano tra Resistenza ed emancipazione (Milano, La Tartaruga, 2018, pp. 280). Un libro che mi ha intrigato fin dal titolo perché mi provocava su una tematica che da qualche anno occupa la mia mente e su cui ho riflettuto, seppur in maniera ancora non sistematica e ho condiviso parte delle mie riflessioni in qualche evento pubblico. Procedendo nella lettura, mi sono

Apolloni Silvio: breve profilo biografico a cura di Giorgio Fin

SILVIO APOLLONI “LEO” Ai primi di gennaio 1944 la Delegazione Triveneta delle brigate Garibaldi aveva costituito sui monti sopra Recoaro un gruppo partigiano che nelle intenzioni doveva diventare e lo diventerà, un polo di attrazione per gli antifascisti, i giovani sbandati dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, i renitenti che non volevano aderire alla RSI, insomma di tutti coloro che non ne potevano più del fascismo, della guerra e dell’occupazione tedesca. Di quel gruppo, che si addestrava militarmente e politicamente alla guerriglia partigiana, facevano parte anche alcuni giovani provenienti dalla città di Vicenza.Quel gruppo, che annoverava circa 25 uomini, si era

FESTA DELLA LIBERAZIONE E DELLA LIBERTA’

Credo che il modo migliore per ricordare la Resistenza consista nel leggere le ultime parole di coloro che si erano opposti ai regimi liberticidi, che non furono solo il nazismo e il fascismo, ma anche tutti i paesi collaborazionisti in Europa, dalla Francia di Vichy alla Norvegia di Quisling all’Ungheria. Costretti a stare nelle vostre case per uno scopo nobile, quello di combattere il coronavirus e bloccare la diffusione del contagio, consapevoli che dovete assolutamente limitare la vostra libertà (di circolazione) per non causare danni agli altri, già godete di tutto il tempo necessario per leggere, per meditare, per imparare

Quale normalità?

Una mano anonima ci ha regalato una perla di saggezza sul muro di qualche città, che è stata poi ripresa e moltiplicata in altre lingue in giro per il mondo. Essa recita: “non vogliamo tornare alla normalità perché quella normalità era il problema”.Sì, non solo non era normale, ma una vera e propria aberrazione pensare di fare a meno degli altri; dire che la “società non esiste” e che lo Stato è una “bestia da affamare”, illudendosi di non avere bisogno dei suoi servizi, come la sanità pubblica e universale, persino per gli evasori fiscali.Non scopriamo oggi la nostra fragilità;

I DEPORTATI POLITICI

Ci dimentichiamo sovente che la Resistenza è stata europea; che noi italiani fino al 1943 (e con la RSI fino al maggio 1945) siamo stati alleati della Germania nazista e siamo veramente diventati “europei” solo con l’inizio della nostra Resistenza. La Resistenza, prima di noi, l’ha “inventata” l’Europa. Alla lotta di Liberazione hanno partecipato tutti: gli antifascisti, gli intellettuali, le donne, gli artigiani, gli operai, i contadini, i partigiani, perfino i renitenti e i disertori. Ma chi, forse, ha sofferto di più sono stati i “deportati” nei lager nazisti. Permetteteci allora, in occasione del 75° Anniversario della Liberazione, di omaggiare

LE DONNE PARTIGIANE NEL VICENTINO

La cultura occidentale ha fatto propria la tradizione che sancisce una stretta relazione tra l’essere donna e la pace, tra il maschio e la guerra. Fonti documentarie e interviste orali, però, dimostrano come durante la Resistenza alcune differenze di genere vennero meno.Moltissime donne, di ogni colore politico e ceto sociale, presero parte alla lotta di Liberazione, come partigiane, patriote o semplici simpatizzanti, tanto che, all’indomani della liberazione nel Vicentino, un centinaio di loro vennero inquadrate in un battaglione partigiano femminile che prese il nome di Amelia dal nome di battaglia di una partigiana caduta il 28 aprile 1945.Alcune di queste

LE STAFFETTE DI LONIGO

Caterina Martello (Stella)Dopo l’8 settembre ’43 anche a Lonigo si è cominciato a organizzare l’antifascismo e venne costituito il Cln mandamentale.I promotori, per quanto ne so, erano stati alcuni militari, il capitano Fiandini dei carristi, un tenente sempre dei carristi, Nicolino Polcino, che verso la fine dell’estate ’44 divenne comandante della «Brigata Martiri di Grancona» ed altri graduati e soldati che non erano riusciti a raggiungere le loro case. A proposito di soldati, per tutto il periodo della guerra a Lonigo ne sono passati molti, di diversi Corpi. Lonigo era un luogo di transito. I soldati vi stazionavano per essere

RICORDO DI NINO BRESSAN

Mio padre, Gaetano Bressan detto “Nino”, fu il comandante della divisione partigiana “Vicenza” e in tempi recenti appoggiò pienamente l’iniziativa per ottenere la Seconda Medaglia d’oro al Valore per la nostra città, contribuendo a raccogliere la documentazione necessaria per tale riconoscimento. Desidero ricordarlo con questo ritratto che Paolo Vidali scrisse in occasione della sua scomparsa: RICORDO DI NINO BRESSANChi l’ha conosciuto non avrebbe colto, nei suoi tratti distinti e pacifici, la figura dell’ufficiale che ha addestrato e guidato innumerevoli azioni di guerriglia partigiana contro le truppe nazifasciste. Ma questa è stata la storia, sua e di molti come lui. Uomini