Ieri 28 maggio 2024, con altre associazioni e con tanti cittadini/e, abbiamo salutato e ricordato Eugenio Magri, una delle figure più longeve della Resistenza vicentina.
Di seguito l’intervento del presidente della sezione “Nello Boscagli” di Vicenza:
EUGENIO MAGRI: educatore di democrazia
Eugenio Magri, classe 1928, partecipa giovanissimo alla Resistenza. Poi per molti anni si impegna nell’attività sindacale e politica. E’ autore e promotore di numerose mostre su argomenti storici e civili apprezzate nell’intera penisola. Uomo di profonda sensibilità umana e di grande preparazione culturale ha esercitato un formidabile e riconosciuto magistero morale nella società vicentina.
Dai suoi racconti e dalle sue interviste sappiamo che un Eugenio quindicenne apprende per la prima volta da un gelataio chi è stato veramente Giacomo Matteotti e comprende come esista un’altra Italia al di fuori dei circuiti ufficiali del regime fascista.
Alla fine del settembre 1943, nel corso di una riunione a Vicenza, un antifascista parla della necessità di liberare l’Italia dai tedeschi e dai fascisti (che già lui non sopporta), proclama le virtù della democrazia che in quel momento storico è un concetto ignoto e gli spiega che la democrazia è la libertà di esprimersi e di partecipare alla vita politica e sociale, sono i diritti delle persone che non possono essere conculcati, è uno Stato completamente rinnovato fin dalle fondamenta.
Eugenio entra quindi nella Resistenza giovanissimo: il suo gruppo ruba armi ai tedeschi, trasporta armi e materiali, porta volantini e fa sabotaggi. E’ una attività intensa e pericolosissima perché l’esercito tedesco stringe Vicenza in una morsa repressiva molto efficace.
Come molti altri Eugenio ha la capacità di capire le dinamiche storiche e di collocarsi nella Storia senza indugio e senza riserve mentali, esercitando così la scelta di stare dalla parte del brillio della luce e non dell’opacità delle tenebre, del principio fecondo della libertà e non del nichilismo di chi nega legittimità alle idee altrui e ne impedisce l’espressione, dell’umanesimo solidale e non del primato della società gerarchica e disuguale.
L’esperienza resistenziale marca profondamente l’intera esistenza di Eugenio, permeandone il carattere, influenzandone le idee, spingendolo all’impegno sociale e politico, avviandolo nell’alveo di una infaticabile militanza. Potremmo dire che la Resistenza per Eugenio è l’alfa e l’omega della sua vita perché da essa lui trae quell’ispirazione ideale che ne anima la complessa spiritualità laica.
Perché Eugenio è una persona profondamente religiosa, se per religione si intende credere in valori e principi che trascendono l’egoismo delle singole persone, in valori e principi che costituiscono la base su cui si regge la comunità umana.
Si può raccontare la complessa personalità di Eugenio, uomo di forte e assertivo carattere, diventato per molti vicentini una sorta di faro nel buio della notte fino ad esercitare un solido e riconosciuto magistero morale in città, attraverso l’evocazione di otto pilastri del suo universo morale e inevitabilmente del discorso pubblico che lui intende costruire: la democrazia repubblicana, i diritti costituzionali, l’antifascismo, il comunismo, la pace, la politica, il popolo, la cultura.
La sua religione è la democrazia repubblicana intesa quale confronto dialettico, riconoscimento di un pluralismo non solo legittimo ma anche fecondo, competizione di idee, rispetto per gli orientamenti altrui, negazione della costrittività totalitaria che ha visto incisa nel volto brutale del fascismo, amore e dedizione permanente per la libertà intesa quale possibilità per la persona di autodeterminarsi.
Il suo stabile punto di riferimento sono i diritti costituzionali perché Eugenio ha capito che la stagione resistenziale ha generato quel grande testo di valori e quel formidabile progetto di emancipazione sociale che è la Costituzione e il suo reiterato, ossessivo richiamo alla Costituzione è il portato di una formidabile intuizione: la trasformazione della società e dell’economia è possibile perché è la stessa Carta costituzionale che delinea un disegno di cambiamento dei rapporti sociali all’insegna dell’uguaglianza e della solidarietà.
Il suo abito mentale naturale è l’antifascismo. Un antifascismo netto e intransigente, senza sbavature o false indulgenze. Un antifascismo ruvido e senza sconti. Però unitario cioè animato da una postura e da una attitudine contraria ad ogni disunione e proiettato a realizzare convergenze e terreni di impegno e mobilitazione comuni tra componenti idealmente difformi e anche lontane, ma legate dal medesimo rifiuto del fascismo e dal rigetto dei suoi epigoni attuali.
Il suo orizzonte strategico rimane la società comunista perché dal suo animo sgorga un rifiuto netto dell’ingiustizia connessa al modo capitalistico di produzione; parimenti i suoi convincimenti ideologici non sono dogmatici, ma sempre sottoposti alla revisione critica e al confronto con le esperienze storiche.
La sua stella polare è la pace: in gioventù ha esperito l’orrore della guerra e la violenza disumanizzante del fascismo, ha conosciuto le privazioni connesse alla situazione bellica e da questo vissuto ha desunto il dovere di costruire la pace e di risolvere i conflitti tra Stati e popoli attraverso la fatica del negoziato, la tortuosità dei percorsi diplomatici, il primato della politica.
La sua opzione etica è la politica: ma non quella dei mediocri tatticismi, della prevalenza della logica degli schieramenti, del conflitto tra ambizioni individuali, di corsa all’affermazione personale, di gestione pragmatica dell’esistente. No: lui ama la politica delle strategie ariose e impegnative, del primato dei contenuti programmatici, del radicamento in principi fondanti e valori dirimenti, della dedizione oblativa e della costruzione di soluzioni alternative allo stato di cose dato.
Il suo interlocutore reale è il popolo. Eugenio, operaio nella vita, intellettuale autodidatta e uomo politico per formazione e vocazione, è consapevole del carattere necessariamente limitato delle aristocrazie di pensiero e delle elite politiche e di partito. La sua cultura politica lo volge naturalmente alle masse, al popolo i cui bisogni occorre interpretare e a cui un indirizzo e una finalità è necessario indicare da parte dei gruppi dirigenti. In questo senso Eugenio è tanto fermo e inossidabile nei suoi proponimenti quanto consapevole che l’allontanamento dai rapporti con il popolo conduce a chiusure lontane dalla lezione marxista.
La sua priorità vera è la cultura: Eugenio percepisce come la politica possa ripiegarsi in sé stessa e morire per entropia se non accompagnata dalla cultura; una cultura non intesa banalmente come accumulo di nozioni o intreccio di saperi, ma considerata come ricognizione della realtà e conoscenza dei pensieri che quella realtà vogliono modificare. Eugenio poi non è persona avvinta alla superficialità delle cose, ma cerca di andare a fondo, scavare, sviscerare in profondità uomini, situazioni eventi. Le molteplici mostre da lui organizzate danno conto non tanto di una inclinazione artistica (che pure lo caratterizza) e non solo di una sensibilità politica (che pure lo muove) quanto piuttosto di una divorante volontà di educare le persone, trasformare le coscienze, ingenerare i semi del dubbio, sollecitare lo spirito critico.
Difficile dunque conchiudere in un concetto la sua eccezionale personalità. Ma se si dovesse fare sintesi, è giusto poter dire che Eugenio è stato un grande “educatore di democrazia”: attraverso la preservazione e la trasmissione della memoria Eugenio ha voluto trasferire agli altri quell’amore per la democrazia che lo ha mosso fin dalle più intime fibre del suo spirito.
Eugenio è stato un fiore della Resistenza vicentina. Uno degli ultimi ad essersene andato. Ma non avremmo capito niente di lui se lasciassimo morire i tanti semi che lui ci ha lasciato e se non li gettassimo nella terra fertile affinchè altri fiori possano nascere ed essere colti dalle generazioni che verranno.
Gigi Poletto
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